sabato 28 giugno 2014



Game Over Staff Service


Diverse riviste blog, Tv disquisiscono sulla ristorazione, Non si parla mai invece della Servizio di Sala.

“Emergenza Sala”, un fenomeno che sta dilagando sempre di più: in un tempo di crisi assoluta come questo c’è un settore che potrebbe dare lavoro a tante persone.
Ma questo lavoro non si improvvisa,  ci vogliono anni di sacrifici, io ad esempio che  iniziai dal gradino piu basso ovvero alla (Plonge-Lavaggio stoviglie) con gli anni ho accumulato tantissima esperienza investendo sulla Mia persona.

Il settore turistico non è come tutti gli altri, ha bisogno di assoluta partecipazione  chi conta le ore di Lavoro  non ha capito nulla di questo Mondo meraviglioso dell'Hotellerie.

Gli Hotel oggi  cercano giovani, giovani, giovani; è la parola che ricorre di più negli annunci di lavoro.
Non c’è più fiducia nell’istruzione statale  ecco perché un team di lavoro preferisce assumere un Cameriere senza nessuna esperienza e formarlo da zero,un vero Chef de Rang (Cameriere) costerebbe  il doppio, ma al contempo risolverebbe diverse problematiche che un novellino non potrebbe.

Complice di tutto questo la crisi, le Istituzioni che non comprendo il Valore del Turismo Italiano, per non parlare poi del Cuneo Fiscale che le aziende sono sottoposte.
Avete mai sbirciato gli annunci riguardanti il personale dell'Hotellerie.....sembrerebbero quasi Barzellette, cosa che un tempo tutto ciò  lontanamente avremmo pensato di vedere.

Tante riviste, tanti giornali, tanti blog pubblicano articoli sulla ristorazione, su giovani camerieri che cercano lavoro, sulla speranza di trovare un’occupazione che possa garantire loro un futuro quantomeno accettabile.
Non si parla mai invece delle tante strutture ricettive e ristorative che sono alla ricerca di queste figure, oggigiorno sempre più difficili da reperire.
“Emergenza Sala”, un fenomeno che sta dilagando sempre di più: in un tempo di crisi assoluta come questo c’è un settore che potrebbe dare lavoro a tante persone e che invece arranca tra curricula di ex imprenditori, di avvocati e di gente che ha perso o ha trovato altri interessi.
Ma questo lavoro non si improvvisa, non esiste un canovaccio dal quale poter prendere spunto, non è una commedia: si va in servizio preparati e consapevoli delle proprie potenzialità, pena un servizio non all’altezza dell’azienda in cui ci si trova.
Elemento fondamentale di ogni curriculum e di ogni buon colloquio è la passione, che spesso non traspare, che non è per niente radicata in quegli operatori che invano ora cercano e sempre cercheranno lavoro nella ristorazione.
Il settore turistico non è come tutti gli altri, ha bisogno di assoluta dedizione; non si contano le ore, non si contano i giorni passati a studiare per essere sempre di più preparati, per rispondere a clienti esigenti e soprattutto per arricchire il proprio bagaglio culturale.
Il sacrificio come motore trainante della passione: ecco che allora tanti “camerieri” privi di tutto ciò restano senza lavoro, lasciati in quel “limbo” lavorativo che nessuno di noi sa descrivere ma che purtroppo nel 2013 conta tanti aspiranti camerieri.
Allora cosa fare? Come redimersi affinché ognuno di noi trovi la sua strada?
La soluzione finale non c’è.
Sempre di più le aziende cercano giovani, giovani, giovani; è la parola che ricorre di più negli annunci di lavoro.
Non c’è più fiducia nell’istruzione statale né tantomeno in quella privata: ecco perché un team di lavoro preferisce assumere un operatore senza nessuna esperienza e formarlo da zero piuttosto che, sembra strano a dirlo, assumere un operatore che ha già avuto molte esperienze.
Paradossalmente plasmare le nuove generazioni è molto più facile che investire in generazioni ormai logorate dalla quotidianità e da usi e tecniche non più attuali.
Ma non tutto è perduto: sicuramente la voglia, la passione e le ambizioni costituiscono un titolo preferenziale rispetto ai tanti curricula che sono lo specchio di una crisi di altri settori commerciali.
La ristorazione, per finire, è un mondo del quale ci s’innamora perdutamente, come di una dolce fanciulla; è amore profondo e assolutamente non ripagato in carattere economico, ma basta uno sguardo, un complimento o una stretta di mano di un cliente che per una sera si è trovato bene, che per una volta ha trascorso una serata indimenticabile, ed ecco che tutti i sacrifici per un attimo vengono ripagati: finalmente chi, come me, ha assoluta passione per questo lavoro, trova e ottiene la giusta ricompensa.
- See more at: http://www.lacucinaitaliana.it/lcipro/index.php/2013/09/la-passione/#sthash.V0jT8KLF.dpuf
Tante riviste, tanti giornali, tanti blog pubblicano articoli sulla ristorazione, su giovani camerieri che cercano lavoro, sulla speranza di trovare un’occupazione che possa garantire loro un futuro quantomeno accettabile.
Non si parla mai invece delle tante strutture ricettive e ristorative che sono alla ricerca di queste figure, oggigiorno sempre più difficili da reperire.
“Emergenza Sala”, un fenomeno che sta dilagando sempre di più: in un tempo di crisi assoluta come questo c’è un settore che potrebbe dare lavoro a tante persone e che invece arranca tra curricula di ex imprenditori, di avvocati e di gente che ha perso o ha trovato altri interessi.
Ma questo lavoro non si improvvisa, non esiste un canovaccio dal quale poter prendere spunto, non è una commedia: si va in servizio preparati e consapevoli delle proprie potenzialità, pena un servizio non all’altezza dell’azienda in cui ci si trova.
Elemento fondamentale di ogni curriculum e di ogni buon colloquio è la passione, che spesso non traspare, che non è per niente radicata in quegli operatori che invano ora cercano e sempre cercheranno lavoro nella ristorazione.
Il settore turistico non è come tutti gli altri, ha bisogno di assoluta dedizione; non si contano le ore, non si contano i giorni passati a studiare per essere sempre di più preparati, per rispondere a clienti esigenti e soprattutto per arricchire il proprio bagaglio culturale.
Il sacrificio come motore trainante della passione: ecco che allora tanti “camerieri” privi di tutto ciò restano senza lavoro, lasciati in quel “limbo” lavorativo che nessuno di noi sa descrivere ma che purtroppo nel 2013 conta tanti aspiranti camerieri.
Allora cosa fare? Come redimersi affinché ognuno di noi trovi la sua strada?
La soluzione finale non c’è.
Sempre di più le aziende cercano giovani, giovani, giovani; è la parola che ricorre di più negli annunci di lavoro.
Non c’è più fiducia nell’istruzione statale né tantomeno in quella privata: ecco perché un team di lavoro preferisce assumere un operatore senza nessuna esperienza e formarlo da zero piuttosto che, sembra strano a dirlo, assumere un operatore che ha già avuto molte esperienze.
Paradossalmente plasmare le nuove generazioni è molto più facile che investire in generazioni ormai logorate dalla quotidianità e da usi e tecniche non più attuali.
Ma non tutto è perduto: sicuramente la voglia, la passione e le ambizioni costituiscono un titolo preferenziale rispetto ai tanti curricula che sono lo specchio di una crisi di altri settori commerciali.
La ristorazione, per finire, è un mondo del quale ci s’innamora perdutamente, come di una dolce fanciulla; è amore profondo e assolutamente non ripagato in carattere economico, ma basta uno sguardo, un complimento o una stretta di mano di un cliente che per una sera si è trovato bene, che per una volta ha trascorso una serata indimenticabile, ed ecco che tutti i sacrifici per un attimo vengono ripagati: finalmente chi, come me, ha assoluta passione per questo lavoro, trova e ottiene la giusta ricompensa.
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Tante riviste, tanti giornali, tanti blog pubblicano articoli sulla ristorazione, su giovani camerieri che cercano lavoro, sulla speranza di trovare un’occupazione che possa garantire loro un futuro quantomeno accettabile.
Non si parla mai invece delle tante strutture ricettive e ristorative che sono alla ricerca di queste figure, oggigiorno sempre più difficili da reperire.
“Emergenza Sala”, un fenomeno che sta dilagando sempre di più: in un tempo di crisi assoluta come questo c’è un settore che potrebbe dare lavoro a tante persone e che invece arranca tra curricula di ex imprenditori, di avvocati e di gente che ha perso o ha trovato altri interessi.
Ma questo lavoro non si improvvisa, non esiste un canovaccio dal quale poter prendere spunto, non è una commedia: si va in servizio preparati e consapevoli delle proprie potenzialità, pena un servizio non all’altezza dell’azienda in cui ci si trova.
Elemento fondamentale di ogni curriculum e di ogni buon colloquio è la passione, che spesso non traspare, che non è per niente radicata in quegli operatori che invano ora cercano e sempre cercheranno lavoro nella ristorazione.
Il settore turistico non è come tutti gli altri, ha bisogno di assoluta dedizione; non si contano le ore, non si contano i giorni passati a studiare per essere sempre di più preparati, per rispondere a clienti esigenti e soprattutto per arricchire il proprio bagaglio culturale.
Il sacrificio come motore trainante della passione: ecco che allora tanti “camerieri” privi di tutto ciò restano senza lavoro, lasciati in quel “limbo” lavorativo che nessuno di noi sa descrivere ma che purtroppo nel 2013 conta tanti aspiranti camerieri.
Allora cosa fare? Come redimersi affinché ognuno di noi trovi la sua strada?
La soluzione finale non c’è.
Sempre di più le aziende cercano giovani, giovani, giovani; è la parola che ricorre di più negli annunci di lavoro.
Non c’è più fiducia nell’istruzione statale né tantomeno in quella privata: ecco perché un team di lavoro preferisce assumere un operatore senza nessuna esperienza e formarlo da zero piuttosto che, sembra strano a dirlo, assumere un operatore che ha già avuto molte esperienze.
Paradossalmente plasmare le nuove generazioni è molto più facile che investire in generazioni ormai logorate dalla quotidianità e da usi e tecniche non più attuali.
Ma non tutto è perduto: sicuramente la voglia, la passione e le ambizioni costituiscono un titolo preferenziale rispetto ai tanti curricula che sono lo specchio di una crisi di altri settori commerciali.
La ristorazione, per finire, è un mondo del quale ci s’innamora perdutamente, come di una dolce fanciulla; è amore profondo e assolutamente non ripagato in carattere economico, ma basta uno sguardo, un complimento o una stretta di mano di un cliente che per una sera si è trovato bene, che per una volta ha trascorso una serata indimenticabile, ed ecco che tutti i sacrifici per un attimo vengono ripagati: finalmente chi, come me, ha assoluta passione per questo lavoro, trova e ottiene la giusta ricompensa.
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Tempo scaduto......

Non esistono più chef de rang, Maitre, commis,  esistono soltanto (porta piatti del sabato e domenica)

venerdì 27 giugno 2014

Chi Serviresti come Primo Ospite 



Seguire le norme relative alla buona educazione è importante per chiunque,ma lo è ancora di più per coloro che svolgono una professione caratterizzata dal contatto con persone. Servire alcuni ospiti prima e altri dopo, rientra in quel contesto di galateo di servizio che un professionista deve obbligatoriamente far proprio.
PrecedenzaNella nostra società, in cui si persegue la parità di diritti, doveri e opportunità, molte “buone maniere” hanno ceduto il passo alla standardizzazione del trattamento nei rapporti con le persone, e talvolta il servizio è diventato freddo, informale, impersonale: proprio l’esatto
contrario
di ciò che dovrebbe essere.
L’argomento è complesso, in quanto vi sono pasti informali nei quali l’etichetta è seguita in modo meno ferreo (per esempio un sacerdote può dare indicazioni di servire prima le signore), e pasti ufficiali nei quali vige un rigido protocollo, che varia in base all’evento, in particolare in occasione di incontri diplomatici. In quest’ultimo caso le precedenze sono stabilite da responsabili di servizio e organizzatori neiminimi dettagli.
In generale occorre dare sempre la precedenza alle persone festeggiate, agli ospiti, ai membri del clero, alle donne, alle persone più autorevoli e a quelle più anziane.
È importante ricordare che chi offre il pasto, colui che organizza la cena, viene sempre servito dopo i suoi invitati; nel caso si tratti di una signora, prima si serviranno tutte le altre signore, poi la signora organizzatrice, infine gli uomini.

Esempi di precedenza
Ordine delle precedenze
Un’annotazione particolare la meritano i bambini, ai quali non spettano precedenze nel servizio, però con il loro comportamento possono condizionare negativamente lo svolgimento e il gradimento del pasto da parte degli adulti. Ai bambini va quindi dedicata la massima attenzione, nell’interesse sia dei clienti che desiderano gustare i cibi e trascorrere
un piacevole momento a tavola, sia del ristoratore che avrà invogliato i clienti a tornare. Il responsabile analizzerà la situazione e cercherà di fare in modo che i bambini siano serviti subito o in tempi rapidissimi, in particolare in caso di bambini molto piccoli o irrequieti.
Non è sempre semplice capire chi servire prima e chi dopo, ed è qui che subentra anche la sensibilità del cameriere, che in ogni occasione valuterà il giusto equilibrio di quel complesso di relazioni che determinano le precedenze.


Educazione e Bon Ton





L’educazione è uno degli strumenti più convincenti per conquistare la clientela; è sempre molto apprezzata e tante persone ne avvertono la carenza.
È difficile insegnare e fare rispettare le norme che rientrano nella buona educazione. In una società che evolve velocemente, queste regole assumono, per chi non le comprende, il valore di imposizioni vetuste e inutili.
Si tratta di un’idea sbagliata: viviamo in una società di servizi e imparare come comportarsi con le altre persone è un passo determinante nell’apprendimento della professione.
Talvolta si confonde l’educazione con il servilismo, e la si considera come un segno di debolezza, non solo sul lavoro ma anche a scuola, tra amici, nella società in genere.
Stile, garbo, classe, savoir faire… sono invece pregi che rendono le persone che ne sanno far buon uso superiori alle altre, più forti e con maggiori capacità di influenzare il prossimo.
A chi ritiene che si tratti di servilismo, è bene ricordare che questa è una condizione che può essere presente solo in coloro che svolgono un lavoro che non amano, assumendo atteggiamenti forzati dalle necessità.
Per coloro che apprezzano il proprio lavoro e il servizio che offrono, la buona educazione diventa un atteggiamento naturale e spontaneo.


Saper stare a tavola comportandosi in modo corretto è una qualità sempre meno diffusa. Oggigiorno le persone pensano soltanto alla propria comodità. Inoltre, ormai è andata quasi perduta la “cultura del galateo”, che indicava come comportarsi nelle diverse occasioni, specialmente a tavola. Proprio perché pochi rispettano certe regole, considerate forse antiquate, è importante conoscere (e mettere in pratica) queste nozioni, in particolare per un cameriere o barista, la cui classe ed eleganza dovrebbe essere almeno superiore alla media. È prassi consolidata che baristi e camerieri quando servono persone che non sanno comportarsi (non sanno quali posate o bicchiere usare, non sanno usare coltello e forchetta, non sanno come va bevuta una bibita, non sanno che il vino va assaggiato...) parlino tra loro criticandole in modo molto severo.
Ora tu sei il cliente, e queste sono solo le principali regole di galateo da seguire per essere considerato una persona educata anche mentre mangi e bevi.

Postura, movimenti, gestualità

  1. Cedi sempre il passo alla signora e, se non lo fa un cameriere, spostale la sedia e aprile la porta.
  2. Prima si fanno accomodare le signore; i signori attendono in piedi fino a quando l’ultima donna non si è accomodata.
  3. Quando ti siedi al tavolo, lascia che la signora abbia il posto migliore, in genere rivolto verso la sala o una bella veduta esterna.
  4. Quando si è seduti al tavolo e si avvicina una persona, gli uomini si devono prima alzare in piedi e poi salutare, le donne invece salutano senza alzarsi.
  5. Se durante il pasto una signora si allontana, gli uomini interrompono la conversazione e si alzano un istante in segno di cortesia; il gesto va ripetuto quando la signora torna al tavolo.
  6. Non ci si togliemai giacca o cravatta, e non ci si arrotola lemaniche della camicia.
  7. Non si parla con la bocca piena, e simastica con la bocca chiusa.
  8. In caso di starnuto, cerca di contenerlo e girati di lato, coprendo naso e bocca con un fazzoletto.
  9. Per chiamare un cameriere è sufficiente un cenno della testa o dellamano; evita inmodo assoluto di schioccare le dita o chiamare a voce alta, magari con termini come: capo, ehi, ascolta...!
  10. Dal tavolo ci si alza ilmeno possibile.
  11. La sedia va tenuta vicino al tavolo e non si accavallano le gambe.
  12. Quando simangia, il busto devemantenersi eretto, piegandosi leggermente verso il piatto.
  13. I gomiti vanno tenuti vicino al corpo e le mani stanno sempre sul tavolo; non si appoggiano i gomiti sul tavoloma solo gli avambracci.
  14. Simangia lentamente emasticando a lungo, si beve a piccoli sorsi.
Massimo Bottura!!










Un doverosissimo plauso và al Mio Chef preferito Massimo Bottura,  egli racchiude la cucina Italiana  in una semplicità complessa.

Mi esprimo meglio, i suoi tagli lineari e puliti fanno sì che nell'assemblaggio di un piatto vi sia una semplice disposizione di gusti, curioso che studia cultura e società per riportarle sul piatto, è un’osservatore tenace della realtà e non per ultimo un grande amante dell’arte contemporanea.



Troppi Chef

 


Quando Gianluigi Morini aprì, nel 1970, il suo San Domenico, con l’intenzione di proporre - novità nella ristorazione italianala - la “cucina di casa”, si rivolse al “cuoco dei re”, Nino Bergese, una vita trascorsa ai fornelli delle grandi famiglie italiane.
“La nostra è stata sempre una ristorazione anomala - spiega Gianluigi Morini -. Ho pensato al mio ristorante come a una casa, di conseguenza al personale di sala come personale di famiglia. Non ho istituito ruoli ben definiti, ma ho avuto la fortuna di lavorare sin dall’inizio con i fratelli Marcattilii, Natale responsabile della sala e Valentino in cucina. La nostra brigata di sala è composta da otto persone per un totale di trenta coperti. Ho sempre mantenuto questi numeri, per garantire la massima attenzione ad ogni tavolo. Il cameriere che segue un tavolo non si allontana mai, non va in cucina a prendere i piatti, ma c’è un cameriere addetto che fa la spola tra sala e cucina”.
Per il patron del San Domenico reperire buone professionalità per il comparto di sala non ha mai rappresentato un problema.
“Sarà forse perchè lavoriamo in una piccola città, ma siamo sempre riusciti ad avere ragazzi validi, che sono rimasti a lungo con noi, garantendo continuità e crescita professionale. Anche il rapporto con le due scuole alberghiere della zona è buono, abbiamo studenti che svolgono periodi di stage al San Domenico. Un problema però c’è: oggi si presta poca attenzione al curriculum, alle esperienze maturate, che invece sono fondamentali”. Il suggerimento di Morini è quello di fare esperienza all’estero.
“Sono fondamentali, aiutano a crescere. Noi abbiamo aperto il San Domenico a New York nel 1988, molti ragazzi sono transitati da lì: è un’esperienza che aiuta a forgiare il carattere, dà professionalità, regala esperienza. A New York la sera abbiamo 300 coperti, numeri diversi dai nostri: chi ci lavora impara tanto anche da questo”.

Si ricevono  curriculum solo  per la cucina, e un curriculum al mese per la sala. Questo dato fa capire il diverso interesse che i ragazzi nutrono per i due comparti. È la logica conseguenza della sovraesposizione mediatica che hanno oggi i cuochi”.
I Santini sono la grande famiglia della ristorazione italiana. Nel loro ristorante a Canneto sull’Oglio, tre stelle Michelin, lavorano, per ventotto coperti, venti persone. Sei sono componenti della famiglia: Antonio, direttore generale e responsabile del personale; Nadia, la moglie, chef; i figli Giovanni, chef e responsabile della ricerca e sviluppo e Alberto, responsabile dell’amministrazione e dell’organizzazione del lavoro; Valentina Tanzi, fidanzata di Giovanni, che cura la redazione dei menu, l’allestimento degli arredi ed è responsabile dei dettagli. E poi c’è Bruna, la memoria storica, in cucina al Pescatore dal 1952. Antonio Santini espone subito uno dei problemi che si ha oggi in sala: la mancanza di giovani pronti ad intraprendere questa carriera.
“Attenzione però, non è un problema tipicamente italiano. Marc Haeberlin, presidente dell’associazione Grandes Tables du monde, mi ha confermato che questa fenomeno è ancora più sentito in Francia”. Come intervenire? Andando all’origine del problema: nelle scuole. “È importante che negli istituti alberghieri, al momento della scelta del percorso formativo, sia comunicato agli studenti che c’è un sovrannumero di cuochi e un numero ridotto di personale di sala. Quando si sceglie il proprio percorso, bisogna guardarsi dentro e capire le proprie attitudini, ma anche valutare gli sbocchi lavorativi. Dobbiamo far capire ai ragazzi che è inutile che tutti scelgano la cucina, altrimenti c’è il rischio concreto che non trovino lavoro. Ma bisogna anche trasmettere un concetto che si è perso negli ultimi anni: il comparto di sala è fondamentale in un ristorante. Michel Guérard, grande cuoco, ha detto: quando la cucina è buona vale il 48%, se è cattiva vale il 100%”. La restante quota comprende tanti elementi: sala e servizio ne sono parte predominante. Come intendere allora il servizio oggi? “Bisogna rafforzare gli aspetti psicologici, intuire le aspettative della clientela, prevenirne le richieste. Essere gentili e sorridenti, stando attenti a non sovraccaricare il servizio, con un’invadenza eccessiva, senza però mai trascurare il cliente”. Anche secondo Antonio Santini l’esperienza all’estero è un passaggio importante. “Ma non bisogna farla solo per metterla a curriculum. Non serve a nulla fare un’esperienza di tre mesi in un paese. Bisogna restarci finchè non si ha la convinzione di aver capito gli aspetti fondamentali di una cucina e di un Paese e comunque bisogna fare esperienze di almeno un anno”.

Alla base c’è sempre l’IPSAAR, l’Istituto Professionale per le Attività Alberghiere e della Ristorazione (sono 250 in Italia). La scuola alberghiera, tanto bistrattata, bisognosa di nuovo slancio, di una riforma, di una connessione maggiore con la realtà odierna del comparto ristorativo e ricettivo. Conseguito il diploma, non si aprono molte possibilità per chi voglia continuare il percorso formativo del comparto di sala. Anzi, di specifico, non c’è proprio nulla.
La didattica negli istituti alberghieri si articola in cinque anni, con un orario settimanale di 36 ore. Nei primi due anni gli allievi frequentano le stesse materie, e sono previste 9 ore settimanali di pratica suddivise tra sala, cucina e ricevimento. Al termine del secondo anno i ragazzi sono chiamati a scegliere tra questi tre settori. Il terzo anno prevede 18 ore settimanali di pratica specifiche dell’indirizzo scelto. Alla sua conclusione gli studenti conseguono la qualifica di base, e possono scegliere se fare il biennio di specializzazione o terminare il proprio percorso scolastico.
Il biennio di specializzazione, più teorico, è suddiviso in due indirizzi: sala bar e cucina da una parte, ricevimento dall’altra. Negli ultimi quindici anni gli istituti alberghieri (così come gli altri istituti tecnici) si sono dotati di un importante strumento per avvicinare gli studenti al mondo lavorativo: sono gli stage, obbligatori per acquisire crediti scolastici, generalmente svolti in estate, a chiusura del quarto anno, all’interno di strutture ricettive o ristorative. Al termine del quinto anno, dopo la maturità, si consegue il diploma di tecnico dei servizi della ristorazione o tecnico dei servizi turistici. Poi, non resta che lavorare.

 Bisogna capire cosa ci si aspetta dagli istituti alberghieri. Il mondo del lavoro cerca la manualità, ma noi possiamo darla fino a un certo punto. A scuola si possono apprendere le tecniche, ma queste vanno perfezionate con la pratica. Noi diamo prerequisiti che vanno ampliati nella carriera lavorativa.
Il nostro obiettivo non è quello di insegnare a portare dei piatti, ma vogliamo trasmettere un abito interiore, la giusta mentalità ai ragazzi. Per raggiungere questo scopo non servono solo le tecniche manuali, ma una cultura generale di base e una cultura alimentare profonda”. A parlare così è Enrico Alloero, preside dell’istituto alberghiero Marco Polo di Genova, 1300 alunni iscritti. “In parte concordo con le critiche di Scabin -continua Alloero-. Bisogna però comprendere che i ragazzi di oggi sono molto diversi dai ragazzi di trent’anni fa.I ristoratori si aspettano ragazzi pronti, con buone capacità e poche pretese.
I ragazzi oggi hanno meno disposizione a farsi comandare, hanno una personalità più spiccata.
Per quanto riguarda la mancata presenza di professionisti nella scuola, anche questo aspetto è vero solo in parte, perchè esistono spazi dove i ragazzi entrano in contatto con i professionisti del settore. Ma siamo scuole pubbliche, i docenti vengono scelti sulla base di concorsi e graduatorie: questo può essere un limite da una parte, ma è anche garanzia dall’altra”.
Qual è l’identikit dello studente che sceglie la scuola alberghiera?
“A torto l’alberghiero è considerato una scuola più facile. Le iscrizioni dunque sono sempre numerose, anche perchè, e questo è vero, è una scuola che garantisce ottime possibilità di lavoro immediato. Purtroppo sono molti i ragazzi poco motivati, infatti abbiamo una scrematura importante al primo anno scolastico. Fino a qualche anno fa c’era una netta predominanza maschile, oggi invece la percentuale di iscritti tra i due sessi è praticamente identica. Negli ultimi anni, almeno nel nostro caso, registriamo una grande crescita di iscritti stranieri. Quando c’è da scegliere tra sala e cucina, circa il 60% opta per la cucina. La percentuale dovrebbe essere inversa, perchè è la sala a garantire maggiori possibilità d’impiego”.
 Antonio Montanari è docente del corso “Sistemi di ristorazione” all’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, architetto e autore del libro Mangiare fuori. Logiche e tecniche della ristorazione italiana dall’osteria al fast food (edizioni Edifis).
“I sistemi di ristorazione studiano il percorso completo che ogni componente gastronomico deve subire per essere portato alla bocca del commensale. Nell’ambito di questo percorso c’è anche quello che viene definito comparto di sala- esordisce Antonio Montanari-. Il comparto di sala è uno dei momenti del processo globale della ristorazione. Considerare in crisi il comparto di sala è, secondo me, solo una parte della crisi, o meglio dell’evoluzione che oggi è in atto nella ristorazione. A mio parere non è corretto dire che il comparto di sala è in crisi perchè mancano i grandi maitre: forse è più corretto domandarsi qual è il modus attuale del servizio, ossia come sviluppare il comparto di sala. Non c’è più il maitre gallonato, il menu scritto in francese, la mise en place con quattro bicchieri e sette posate, ovvero gli elementi che facevano il comparto di sala trent’anni fa, ma c’è una cultura nuova e strumenti nuovi. C’è un modo nuovo di comunicare il cibo. La comunicazione del cibo deve avvenire attraverso una serie di elementi tra di loro legati: la conoscenza del percorso fatto dal prodotto, la preparazione, la cultura di tutto ciò che ci è dietro. Tutto quello che concerne e avviene in sala, dall’illuminazione ai colori, alla scelta della forma del piatto, al modo di servire deve essere coerente al sistema globale”.

 ALMA è il centro di formazione internazionale della cucina italiana guidata dal rettore d’eccezione Gualtiero Marchesi. È una scuola privata che ha sede a Colorno, con all’attivo, attualmente, tre corsi: il corso di cucina italiana, il corso di pasticceria e il corso di sommelier internazionale. A parte la figura del sommelier, dunque, il comparto di sala non ha un corso specifico di formazione. Perchè? Lo abbiamo chiesto ad Andrea Sinigaglia, responsabile della didattica di ALMA.
“La risposta, purtroppo, è semplice. Siamo una scuola privata, e per organizzare un corso abbiamo bisogno che ci sia una richiesta- spiega Andrea Sinigaglia-. Abbiamo cercato di organizzare corsi specifici dedicati alla sala, ma purtroppo in questo settore attualmente non c’è mercato. La figura del cameriere è svilita, non ha appeal verso i giovani. Ma è un aspetto che sta molto a cuore al rettore di Alma, Gualtiero Marchesi. Se la cucina è il luogo del saper fare, la sala evidenzia la capacità di far sapere. Negli ultimi anni Marchesi ha portato avanti una riflessione sul servizio in sala, optando per riportare davanti agli occhi del cliente alcune tecniche desuete, come il trancio e la torchiatura di certi piatti (celebre l’anatra al torchio). Il corso di sommellerie, nato lo scorso anno, è stato un modo utile per entrare nell’ambito del servizio, un punto di partenza per abbracciare in futuro tutto il comparto di sala”. Quale può essere il punto di svolta per l’attuale stagnazione del comparto di sala, allora? Sinigaglia propone la sua ricetta. “Quello che è importante, e che noi abbiamo a cuore, è che nasca un movimento di una decina di giovani e bravi maitre, persone in grado di mettere in campo un nuovo movimento, una nuova elettricità, figure con le quali iniziare un dialogo, avanzare idee per ridare appeal e piacevolezza a questo lavoro che storicamente appartiene alla cultura gastronomica italiana. Noi abbiamo già interpellato alcune figure di rilievo, per collaborare a qualcosa di concreto. Penso a Adriano Fumis, oste del Gellius di Oderzo; Raffaele Alaimo delle Calandre; Simone Pinoli e Umberto Giraudo della Pergola di Roma; Carlo Pierato, maitre dell’Anteprima di Chiuduno; Carlo Sacco, direttore di sala del Piccolo Lago di Verbania; Gianfranco Bolognesi, patron della Frasca di Milano Marittima; Giancarlo Grassi, maitre sommelier dell’Antica Osteria del Teatro di Piacenza; Roberto Stroppiana, responsabile di sala del ristorante Piazza Duomo di Alba. Ci candidiamo, insomma, ad essere luogo di dialogo e incontro per chi voglia dare il suo contributo alla rinascita del comparto di sala”.

L’AMIRA (Associazione Maitres Italiani Ristoranti ed Alberghi) è nata nel 1955 presso il Ristorante Savini di Milano, su idea dell’allora direttore di sala Guido Ferniani. L’associazione, presieduta da Raffaello Speri, conta su un’organizzazione di 50 sezioni in Italia, più alcune rappresentanze all’estero, e circa 4000 soci. Noi abbiamo interpellato Giacomo Rubini, vicepresidente nazionale.
“L’associazione svolge corsi in tutta Italia allo scopo di qualificare i nostri maitre a 360 gradi. La ristorazione, negli ultimi venti anni, ha avuto un’evoluzione impressionante. Oggi l’operatore di sala deve possedere una conoscenza vastissima del cibo e delle bevande. Occorre dunque un aggiornamento continuo, ed è quello che che l’AMIRA ha fatto in questi anni, cercando di restare al passo coi tempi. Ad esempio, ultimamente in seno all’associazione è stata registrata la figura del maitre sommelier, professionalità sempre più richiesta”.
Anche Giacomo Rubini concorda sulla difficoltà di attrarre giovani al comparto di sala. “È sempre più difficile trovare personale. Il cameriere viene associato al verbo servire. La sua figura, invece, non può essere ridotta a questo, occorre aggiungere altri verbi per definirla: agevolare, consigliare, conversare, interagire, mettere a proprio agio, sapere, vezzeggiare e, ultimo, ma importantissimo, sorridere. Oggi gli chef hanno tutte le attenzioni perchè hanno occupato anche la sala, e ora si lamentano che manca il servizio. Con la porzionatura in cucina, i piatti escono finiti: allora non si trova più chi sa diliscare, chi sa tranciare, chi sa cuocere alla lampada in sala. Nei nostri corsi queste tecniche le trasmettiamo: un commensale quando è a tavola vuole essere coinvolto anche a livello scenico”.
Quali sono le altre differenze rispetto al passato?
“Il maitre un tempo era la figura più rispettata, era il padrone di casa, e aveva sotto di sé brigate di sala molto ampie, anche di 30 - 40 componenti. Oggi le brigate si sono ridotte notevolmente, e il maitre deve avere altre doti. Deve conoscere l’informatica, avere ottima cultura generale, conoscere le maggiori lingue straniere, essere un manager. Il percorso inizia dalla scuola. È vero che la formazione alberghiera è sempre stata considerata di serie B, ma un buon maitre deve avere anche solide basi teoriche. Poi ci sono le doti fondamentali di un maitre, che sono rimaste invariate: l’umiltà prima di tutto, un grande savoir faire, una grande capacità psicologica nel comprendere il cliente”.

 Già: queste quattro componenti devono avere pari dignità. Non credo che la cucina pesi, nella valutazione di un ristorante, il 70%, e le altre componenti, assieme, il 30%. Se gli stessi addetti ai lavori hanno questa visione della ristorazione, come si possono motivare i ragazzi che stanno iniziando il loro percorso formativo o lavorativo nel comparto di sala?”.
Luca Vissani, maitre e sommelier del ristorante Casa Vissani, è chiaro. “La sala svolge il compito di ineguagliabile filtro tra la cucina e il cliente, rappresenta davvero la marcia in più per un locale. Eppure nelle scuole alberghiere la voce “sala” sta quasi scomparendo. È un processo naturale, visto che tutte le attenzioni sono per i cuochi. Perchè un ragazzo dovrebbe scegliere la sala? Dobbiamo invece rivalutarne il ruolo, motivare i ragazzi. E non ci si può limitare ad inventare qualche nome. L’idea del conviver è valida, ma non bisogna fare l’errore di credere che con questo nome sia mutato il ruolo del cameriere, sia cambiato il sistema. Finchè il cameriere, nell’immaginario, resta un lavoro part time, che possono svolgere i ragazzi per farsi un po’ di soldi, senza nessuna professionalità, il settore resterà bloccato e a essere danneggiati saranno soprattutto quei ragazzi spinti da forte motivazione”.
Allora, quali consigli dare ai ragazzi che hanno passione per il servizio?
“Oggi i giovani, che sia sala o cucina, vogliono fare esperienza solo nei locali stellati. La gavetta, che è fondamentale, non si crea solo o prevalentemente nei locali stellati.
Il mio consiglio è di aggiornarsi continuamente, andando in giro, studiando. Ma soprattutto imparare il galateo, le regole antiche del buon servizio. Probabilmente il galateo può essere alleggerito, svecchiato nelle sue parti anacronistiche, ma bisogna conoscerlo a fondo, perchè rappresenta la base del nostro lavoro”.

  Quanto è importante il comparto di sala?
“È fondamentale. Quando un piatto è tecnicamente perfetto, quando ha il gusto che lo chef vuole e cerca, con la giusta acidità, il giusto punto di sale, la giusta consistenza, stop, è perfetto, si mette in produzione. Se un cliente non lo ama, penso che non ha scelto bene. Questo non si può dire del servizio, che magari è perfetto per un tavolo, ma non marcia bene per un altro. Tutti i giorni bisogna registrare qualcosa, aumentare il proprio livello di sensibilità. Qualche volta guardo la sala da fuori, nascosto: è come un teatro. Tutte le sere nel mio ristorante si va a fare una rappresentazione, ma l’attore non è la cucina, gli attori sono i clienti. C’è il servizio, ci sono i piatti, ma ogni tavolo è una rappresentazione. In sala si va a creare qualcosa che non è scritto sul libro, è senza ricetta, è una creazione tutti i giorni differente. Certo ci sono regole di base, l’accoglienza, la mise en place, le temperature di servizio del vino, ma tu puoi anche rispettare tutte le regole e fare un servizio sbagliato. Il cliente è il centro dell’opera, e l’opera deve essere intorno al cliente. Altrimenti è solo metodo, come quello dei fast food. Il servizio può essere perfetto, ma si capisce che è un format; è un grande servizio, ma non è fatto per il cliente. La magia si crea in sala, non in cucina”.

       Da più parti è finita sotto accusa la pratica della porzionatura.
“Se oggi io tento, come sto facendo, di impostare piatti che devono essere finiti al tavolo, sapete che difficoltà ci sono? E non parlo di un’anatra al torchio. Lasciamo stare la poesia. Se un cliente mi chiede un insalata servita al tavolo, vi garantisco che è già un problema. Un tempo c’erano maitre che se il cuoco stava male durante il servizio, si toglievano lo smoking, si mettevano il grembiule e sostituivano il cuoco. Il maitre era un cuoco che non cucinava, ma che sapeva parlare, sapeva presentare.Il cuoco mediamente aveva la pancia, i capelli unti e non parlava; poi gli chef hanno cominciato a viaggiare, a imparare l’inglese, a saper comunicare, a saper stare davanti a una telecamera, e c’è stata una rivoluzione: gli chef sono usciti dalla cucina. Anche troppo”.

      Tutti hanno sostenuto l’importanza di esperienze all’estero.
“È vero. Ma il mio consiglio, per maitre e cuochi, è di non fare subito le grandi case estere, perchè prima bisogna maturare una propria capacità di vedere le cose. Quando si hanno le capacità di capire e selezionare, allora si possono fare le case estere, altrimenti c’è il rischio di avere troppo imprinting da copia e incolla, si rischia di non aver la propria personalità. Per il servizio, il riferimento rimane la Francia, certamente, dove tu puoi vedere una certa scuola, una certa organizzazione, un certo rispetto. Meno importante la Spagna, dove anche a livello alto il servizio è troppo easy. Poi Inghilterra, che è sempre una piazza importante, e Stati Uniti, dove come in nessun altro Paese occorre sviluppare una testa da manager, e dove si trova, a tutti i livelli, un bel servizio, svolto con piacevolezza, sorriso, cortesia. Infine, un passaggio nel sud est asiatico: lo stile orientale del servizio ha un’eleganza assoluta, anche se per noi è fin quasi eccessivo, esagerato”.

      In Italia, chi è al top nel servizio?

“In Italia ci sono ancora due o tre stili. Uno è quello del Pescatore, la maison italiana per antonomasia. Poi c’è lo stile della Pergola, gli unici in Italia ad aver scritto un libro”.

      Qual è lo stile di Davide Scabin?
“Il mio è uno stile Combal. Fa attenzione a non essere nè troppo serio nè troppo alla spagnola. Io credo che sia una buona interpretazione contemporanea del servizio. E abbiamo un sistema per gli errori. Non è vero che più si sale di livello, meno errori si fanno. Bisogna però avere un sistema per trattarli. Fare l’errore non è mai il problema, è sempre la gestione dell’errore l’importante. Il mio motto per il 2009, che vale per ogni componente del ristorante è: quando si vuole ottenere un certo livello di perfezione, cambiare cento dettagli solamente dell’1% è più efficace e difficile che cambiare un solo particolare del 100%”.

      Quali sono gli errori più gravi commessi in sala?
“Gli errori gravi sono quando qualcuno fa una domanda, su un piatto, su una materia prima, e il cameriere non sa rispondere: significa che non sa cosa sta portando, cosa sta consigliando. L’errore grave è quando non si sa trattare la situazione, non si sa trattare un errore. Mantenere la concentrazione è la cosa primaria, la formazione allo stress psicologico è un allenamento fondamentale”.

      In quale direzione andrà lo stile italiano del servizio?
“Innanzitutto, visto che gli uomini stanno lasciando degli spazi vuoti, è un comparto dove le donne si stanno affermando molto velocemente. Se la visione tradizionale francese tende a ostruire lo sviluppo della donna in sala, almeno a grande livello, in Italia il servizio di sala è molto sbilanciato verso un futuro femminile. Secondo me, nel creare lo stile italiano, il cliente deve percepire che nel servizio ci sono diversi ruoli, ma che tutti sono importanti, che tutti vanno a comporre un puzzle, un sistema. È la differenza, in architettura, che c’è tra una casa divisa in stanze e un loft, dove c’è un open space che ha differenti architetture nello stesso spazio tra loro armonizzate. Questa è la mia visione: non c’è più il maitre, il sommelier, le commis, c’è il sommelier che, con un bel sorriso, può anche servire un piatto. È uno stile molto difficile: è più facile gestire uno staff con divisioni ben precise; mescolare i ruoli è più complicato. C’è qualcuno che può fare qualcosa in più, ma tutti sono importanti. Io penso che la nouvelle vague italiana possa iniziare da qui: allora si può creare un nuovo pensiero della sala. Noi dobbiamo creare lo stile italiano, non possiamo copiare lo stile francese”.
 

Oggi il servizio della Sala e inesistente

Oggi il servizio della Sala  e inesistente

All’origine del servizio moderno ci fu Cesare Ritz (1850-1918), il figlio di un pastore che riformò dalle fondamenta l’ospitalità alberghiera. Assieme al cuoco francese Auguste Escoffier (1846-1935), identificò le caratteristiche dell’albergo moderno. Il risultato fu un servizio imbevuto di quella “finesse de l’esprit” tipicamente francese adatta a soddisfare le esigenze della borghesia europea d’allora. Fu abolita la “table d'hôte”, alla quale tutti mangiavano in comune ad orari prestabiliti, sostituita da piccoli tavoli individuali. Il personale addetto al servizio ristorante venne inquadrato in un ordine gerarchico comprendente quindici figure professionali con qualifiche diverse. Il risultato fu una serie di hotel a nome Ritz in tutta Europa (il primo, a Parigi, nel 1898), che ancora oggi sono ben identificabili per la loro architettura. A quel tempo, il maitre italiano era considerato la figura professionale più completa al mondo. Quando Escoffier dovette scegliere un maitre per il suo albergo personale, l’Ocean di Ostenda, preferì Luigi Carnacina, quarantenne maitre dell’Hotel “Al Ciro’s” di Montecarlo. La scuola italiana delle tecniche di servizio era il punto di riferimento per tutta l’Europa. La figura del maitre - il vero padrone di casa della struttura ricettiva - era importante almeno quanto quella dello chef.

Il servizio cent’anni dopo la sua fondazione. Mancano i professionisti di sala.
Oggi i cuochi sono le uniche splendenti star dell’universo gastronomico. Li si ritrova dappertutto, occhieggianti dai programmi televisivi, sorridenti sui quotidiani e i periodici, e non solo quelli specializzati. La galassia ristorazione si è così ridotta a una sola dimensione, quella dello chef, trascurando tutto il resto. Le conseguenze? Sono riassunte nelle parole di Davide Scabin, anima del Combal Zero di Rivoli, due stelle Michelin, una delle espressioni più alte della cucina italiana oggi.
“La situazione del comparto di sala è disastrosa. Non ci sono più ragazzi che si ispirano a grandi maitre. I cuochi hanno eclissato la figura del cameriere, che è diventato un semplice portapiatti, una figura sterile, senza alcuna attrattiva. È fondamentale rilanciare il comparto di sala, ovviamente rispettando la contemporaneità. La preparazione deve essere molto più allargata: il personale di sala deve aver fatto public speaking, deve saper stare davanti a un pubblico, deve conoscere le strategie di comunicazione e del marketing. Oggi l’unica figura importante in sala è quella del sommelier, perchè mantiene un collegamento con il mondo del vino, che è un prodotto da vendere, perchè comunque esiste il campionato del mondo che aiuta a creare una leadership”. Scabin punta poi il dito sulla formazione, quella delle scuole alberghiere.
“Non è da sottovalutare il valore che dovremmo avere noi nella formazione delle nuove leve. L’istruzione alberghiera è abbandonata a se stessa, perchè non si avvale dei professionisti, di figure rappresentative che da anni portano avanti con passione e tenacia questo mestiere. I docenti degli alberghieri una volta avevano mediamente anche il ristorante: adesso questa condizione è difficile da ritrovare, e la didattica ne risente. Io non so bene quali siano attualmente le materie d’insegnamento, ma penso che una grande riforma debba coinvolgere le scuole alberghiere. Bisogna innalzarne la difficoltà, facendo sì che non venga scelta dal ragazzo che ritiene di non riuscire a fare il liceo. Le materie fondamentali, per il comparto di sala, devono essere la comunicazione e il marketing. Poi mi va bene che insegnino ancora a lavorare alla lampada, anche se non c’è più un ristorante che lavora alla lampada, perchè bisogna avere una cultura storica e tecnica, perchè davanti al cliente è importante la manualità, ma le caratteristiche fondamentali oggi sono altre”.
Da queste considerazioni di Scabin parte il nostro approfondimento sul comparto di sala. Abbiamo sentito altri ristoranti, i maitre, il mondo della formazione scolastica, l’esperta di galateo, i sommelier. Le riflessioni sono state diverse, i punti di vista molteplici. Su una constatazione, però, tutti sono d’accordo: il comparto di sala oggi è in grande difficoltà.

L'importanza del servizio di sala

L'importanza del servizio di sala

 Mentre le scuole alberghiere hanno classi di cucina strapiene e di sala deserte, Vorrei sottolineare  che senza una buona sala anche la migliore cucina vale la metà. Perché nell'era dei cuochi-star, non si  dimentichi l'importanza di maître, camerieri e sommelier.

 I cuochi sono le nuove star della tv e dell'editoria. In tv i programmi in cui sono protagonisti sono tantissimi. Non solo: ci sono format come Masterchef dallo straordinario successo dove dilettanti talentuosi sono pronti a misurarsi con giudici severi.

Insomma, che siano aspiranti cuochi o chef più o meno affermati, la ribalta televisiva oggi è tutta per questa professione.
È un fenomeno che ha anche una spiegazione oggettiva. È il cambiamento della tipologia del lavoro: nella ristorazione moderna i piatti vengono rigorosamente preparati in cucina, non ci sono più le lavorazioni in sala, con i tagli delle carni intere come si faceva tra gli anni '50 e gli anni '80.

Oggi gli chef sono gelosissimi di ciò che preparano e la sala rischia di restarne tagliata fuori.
Certo è un po' un peccato: era bello vedere un maître lavorare alla lampada. Ma in ogni attività c'è un'evoluzione, le cose cambiano. Così oggi finisce per essere un lavoro considerato troppo poco.

Invece coloro che fanno questo mestiere devono rendersi conto che il primo contatto tra cliente e cucina lo fa proprio il "convivier", come recentemente è stato ribattezzato il cameriere di sala con un concorso-sondaggio rivolto agli studenti degli istituti alberghieri.

E gli chef sanno e dovranno saperlo sempre di più che se questo contatto non funziona, la cena può diventare "sbagliata" e compromettere l'immagine del ristorante.
Per avere un servizio all'altezza serve dunque grande professionalità.

Fare il maître, il cameriere o il sommelier è un lavoro molto duro: bisogna conoscere le lingue, conoscere i vini e la loro storia, serve spirito di sopportazione.
Non solo: è importante il portamento, un'attitudine fatta di disponibilità e di elasticità mentale.

Io sono convinto che il successo di un ristorante è fatto per il 50% dal valore della cucina e per l'altra metà dalla sala. E allora la stessa attenzione messa nel selezionare la brigata di cucina va impiegata nel costruire una perfetta brigata di sala che sarà fondamentale per il successo di un ristorante. L'incontro di professionalità di alto livello consente di costruire la sinergia tra sala, cucina e clienti che fa le fortune di un locale.

Lo ripeto: un ottimo maître deve sentire la filosofia dello chef, conoscere la storia della vecchia cucina e della cucina moderna, avere sensibilità nel proporre i piatti.
E possedere una cultura più larga, quel quid in più nelle relazioni che fa la differenza e che porta il cliente a ritornare.

Ecco perché penso che al di là della tv che fa grandi gli chef, è importante dare al lavoro in sala più valore, più credibilità. Oggi è molto difficile trovare professionisti preparati e invece dobbiamo tutti provare a creare una rete a cui ristoratori e chef possano attingere. Penso ad esempio a corsi per direttori di sala e ad altre iniziative che ne esaltino l'importanza.








La Brigata di Sala:

Sebbene vi sarebbero da fare diverse introduzioni, passo subito al dunque colui che scrive e un addetto ai lavori non un improvvisato, ho girato in lungo e in largo decidendo di aprire questo blog per condividere passioni e dolori del servizio di sala a 360°.

Prima di intraprendere il lungo percorso vorrei fare alcune premesse importanti giusto per intenderci di cosa parliamo:


La Brigata di Sala:


Primo capo cameriere o direttore del ristorante (Primo Maître d'hotel)

È a capo del ristorante ed è responsabile della sua organizzazione.

I suoi compiti

- riceve e accompagna ai tavoli i clienti
- prende le comande con l'aiuto dei suoi collaboratori - dirige il lavoro di sala
- assegna i compiti e insieme al Secondo Maître stabilisce i turni di servizio della brigata
- collabora con lo chef di cucina nella stesura del menù.
 
Le sue conoscenze - tecnica del servizio
- cucina nazionale ed internazionale
- i vini e i loro abbinamenti ai piatti; - lingue straniere
- gestione della brigata e organizzazione del lavoro
- correttezza dei modi e capacità di relazione coi collaboratori e con gli ospiti; - buona cultura generale.



Capo cameriere (Secondo Maître d'hotel)

È una figura di minore esperienza, con gli stessi requisiti della prima.

I suoi compiti
- collabora con il Primo Maître, ricevendo i clienti e prendendo le ordinazioni
- esegue i piatti alla lampada
- controlla i turni di servizio
- segue le fasi di pulizia della sala e del materiale
- sostituisce il Primo Maître durante i periodi di riposo



Banqueting manager

È una figura professionale nuova, nata grazie alla crescente importanza dei banchetti nella ristorazione.

I suoi compiti
- organizzare e gestire banchetti e ricevimenti

Le sue conoscenze ed abilità
Oltre a possedere tutte le qualità del Primo e Secondo Maître, deve essere in grado di:
- realizzare addobbi
- curare le decorazioni floreali
 


Cameriere capo reparto (Terzo Maître d’hotel)

I suoi compiti

  • prendere le comande nel suo reparto
  • controllare che il servizio sia impeccabile
  • supervisionare la sincronologia cucina-sala e cibi
 
Le sue conoscenze e abilità

  • padronanza delle tecniche di servizio
  • principali lingue straniere
  • conoscenza dei piatti principali
  • buona cultura
 

Maître de rang

È presente sulle navi da crocierae nelle sale ristorante particolarmente grandi, dove ha la responsabilità di uno o più ranghi. Anche se in misura minore, deve possedere i requisiti dei maître che lo precedono gerarchicamente.

I suoi compiti
- coordina i lavori con i diretti subalterni
 
Il rango o stazione di servizio è una parte della sala ristorante composta da 5-7 tavoli (15-20 clienti). Il numero dei tavoli varia in funzione della qualità del servizio che si vuole dare.
 
2-4 ranghi formano una sezione, coordinata da un Maître di sezione.

Il nome. “Rango” è un termine di derivazione francese. Può essere denominato anche “stazione”, dall’inglese station.
 


Sommelier o wine butler

È una figura di grande esperienza.

I suoi compiti
- acquistare i vini e occuparsi della cantina
- consigliare gli abbinamenti cibo-vino
- presentare e servire le bevande

Le conoscenze richieste

  • profonda conoscenza dei vini nazionali e internazionali e delle bevande in genere
  • conoscenza delle tecniche di abbinamento cibo-vino
  • esperienza di cucina
  • conoscenza di almeno 2 lingue straniere


Chef de rang

Si occupa della gestione di un rango in coppia con un commis.

I suoi compiti - provvede alla mise en place e all’organizzazione del lavoro nel rango;
- in caso di necessità prende le comande, prepara i piatti alla lampada, esegue il trancio in sala.

Le conoscenze richieste
- cucina base
- lingue straniere
- buona cultura di base



Chef trancheur

È uno chef de rang a cui il Maître dà il compito di tranciare le carni in sala e di preparare i buffet freddi.

Le sue conoscenze
- nozioni basilari di cucina
- conoscenze delle diverse parti delle carni, della selvaggina e del pollame.
- conoscenza delle lingue straniere




Gli aiutanti



Aiuto sezione (Commis de rang)

È il collaboratore principale dello chef de rang.

I suoi compiti
- aiuta lo chef de rang nella mise en place
- porta le comande in cucina e le pietanze in sala ai rispettivi ranghi
- serve i piatti sporzionati dallo chef de rang, li sbarazza e li porta alla plonge (centro lavaggio)
- sistema nell’office il materiale operativo usato in sala e provvede alla pulizia della sala

Le sue conoscenze

  • norme del servizio

 

Commis trancheur

I suoi compiti e le sue conoscenze sono le stesse dell’aiuto sezione.
 


BRIGATA AI PIANI/D’ÈTAGE


Si occupa del servizio ai piani, cioè dei pasti che vengono serviti in camera. Tutti i componenti della brigata d’étage devono avere una particolare propensione alla riservatezza, perché sono a contatto con l’ambiente delle camere.


Capo cameriere ai piani (Primo Maître d'étage)


È il responsabile del reparto piani. Dispone di un locale apposito, l’office d'étage, da dove riceve telefonicamente le ordinazioni.

I suoi compiti
riceve telefonicamente le ordinazioni e le comunica ai reparti di distribuzione
- gestisce la brigata d’étage

Le conoscenze richieste
- tecnologia del servizio
- gestione della brigata d'étage
- conoscenza delle lingue



Cameriere ai piani (chef d'étage)


È lo chef de rang ai piani che affianca il Maître d'étage nel servizio ai piani, coadiuvato da uno o più commis. Anche a lui è richiesta la conoscenza delle lingue straniere.


Aiuto cameriere ai piani (commis d'étage)Affianca lo chef d'étage.

I suoi compiti- prepara i carrelli e i vassoi per il servizio
-
tiene in ordine i materiali del piano e l’office

Le sue conoscenze
- nozioni di tecnica del servizio
- conoscenze dei fondamenti di alcune lingue straniere 



Gli Stili di servizio:

Il servizio al guéridon

Il cameriere mostra al cliente i piatti di portata e le legumiere e poi li mette sugli scaldavivande ai due lati del guéridon, che è accostato al tavolo del cliente. Al centro del guéridon ci sono i piatti caldi, che il cameriere prepara con le posate nelle due mani e serve dal lato destro del cliente. Per servire il cliente una seconda volta, gli si cambia il piatto, mentre gli si lasciano le stesse posate.
Viene usato per

  • il servizio alla carta
  • i banchetti fino a 20 persone circa
  • il servizio privato

Il servizio all'inglese
Il cameriere apparecchia i piatti caldi e poi serve le pietanze dal lato sinistro del cliente, prendendole con la clips dai piatti di portata che tiene sull'avambraccio sinistro.
È adatto a

  • banchetti
  • servizio privato
  • servizio al tavolo per clienti abituali (Stammtisch)
Durante il servizio il cameriere deve fare in modo che

  • il bordo del piatto di portata collimi con quello del piatto, in modo che i cibi accidentalmente caduti dalla clips finiscano sul piatto di portata o sul piatto
  • il dorso della mano sinistra non tocchi la tovaglia
  • i piatti di portata siano sempre completi, a meno che non si tratti di un banchetto
Servizio di minestre
Al cliente vengono serviti un piatto piano ed uno fondo, che verranno poi sbarazzati insieme. Il cameriere tiene la zuppiera con la sinistra, appoggiata a un piatto coperto da un tovagliolo, e serve il cliente dalla sua sinistra.
Servizio dei secondi
Pietanza e contorno andrebbero serviti da piatti di portata separati. Si appoggia il piatto di portata del contorno sul guéridon e si serve la pietanza. Se il contorno o la pietanza sporcano molto la clips, è opportuno usare due clips, evitando così di sporcare le preparazioni e mescolare i sapori.

Il servizio all'italiana o al piatto
I piatti con le vivande vengono preparate in cucina. Il cameriere li serve dal lato destro del cliente. Può essere semplice o con cloche.
Nel servizio all'italiana semplice il cameriere porta i piatti con le mani, due nella sinistra e uno nella destra, e li serve direttamente al cliente. La mano sinistra che sorregge i piatti deve restare alle spalle del cliente, evitando di avvicinarli al suo viso.
Nel servizio all'italiana con cloche i piatti preparati in cucina vengono coperti da una cloche e portati in sala su un piatto di portata. Quest'ultimo viene appoggiato sul guéridon, da cui il cameriere preleva i piatti, in genere sollevando la cloche dopo aver servito il piatto al cliente.
Si tratta di uno stile semplice e rapido, più elegante nella versione con cloche. Viene applicato per

  • il servizio alla carta
  • banchetti fino a 50 persone
  • alcune portate, come antipasti, minestre, desserts
Non può essere utilizzato quando vi sono cibi interi da porzionare.


Il servizio alla francese
Il cliente si serve da solo, prendendo le vivande, nella quantità e tipo desiderati, dal piatto di portata. Può essere diretto o indiretto.
Nel servizio alla francese diretto il cameriere porge dalla sinistra del cliente il piatto di portata con le vivande, usando la mano sinistra, protetta dal tovagliolo di servizio. Con la mano destra offre al commensale la clips, sollevando un po' le impugnature e tenendo le punte sul vassoio.
Oggi nei ristoranti viene usato solo di rado, in quanto particolarmente lento.
Nel servizio alla francese indiretto i piatti di portata con le pietanze e la clips sul bordo vengono posti sul tavolo del cliente (nello scaldavivande se si tratta di portate calde), possibilmente vicino ad un uomo, e poi passati fra i commensali.
Rapido e informale, si usa in osterie, trattorie e agriturismi; nei ristoranti, per il servizio di portate con numerose preparazioni e durante i banchetti.
Si applica a

  • banchetti
  • servizio ai piani
  • servizio

Il self-service
Pietanze e bibite sono preparate su di un buffet. Il cliente prende un piatto e sceglie da solo fra le vivande offerte. Per i piatti caldi e le bibite è talvolta aiutato dal personale di servizio.
Si ricorre al self-service in occasione di banchetti, anche perchè consente l'esposizione decorativa delle pietanze.
Esistono diversi tipi di buffet:

  • buffet freddo
  • buffet freddo e caldo
  • buffet dei desserts
  • buffet delle insalate
  • buffet della prima colazione